11 novembre 2013

CEIS: il Centro Educativo Italo Svizzero di Rimini

Anfiteatro romano di Rimini e, sul terrapieno, il Centro Educativo Italo Svizzero.



Siamo a Rimini ma per questa volta scordatevi il mare. I ruderi in primo piano sono quelli dell'anfiteatro romano, mentre le costruzioni in legno sotto la pineta non sono i bungalow di un centro vacanze bensì aule: le aule del Centro Educativo Italo Svizzero (CEIS).  


Il CEIS è un luogo pieno zeppo di sorprese, di segni e di significati già dall'ingresso principale.
Innanzitutto non crediate di leggere un'insegna che segnali il Centro. Io l'ho cercata in tutto il perimetro esterno ma non l'ho trovata.
La direzione, infatti, ha ritenuto sufficiente esporre la torta per festeggiare i 67 anni di attività, una barca di cartone per informarci che sono iniziati i centri estivi e, per dare un'idea di ciò che si fa all'interno, uno striscione di carta con su scritto: "Sono convinta che solo l'educazione è capace di cambiare il mondo". E' un pensiero di Margherita Zoebeli, la fondatrice del Centro. Una frase semplice. Apparentemente semplice, perché educare non è una cosa da niente.



Apriamo il cancello che non è mai chiuso a chiave (il controllo si fa, ma con sistemi diversi), entriamo.

L'ambiente colorato e festoso dell'insieme, per un attimo, ci ricorda  un villaggio turistico.

Ma il cartello augurale affisso sulla bacheca e altri indizi ci riportano alla realtà, quella di un villaggio ...educativo.
E allora lo sguardo coglie altri segni, prima non focalizzati, che fanno di questa struttura un'occasione di gioco, di apprendimento, di socializzazione e di crescita: le aule della scuola primaria dove si impara, le aule e gli spazi per le attività quotidiane più disparate, inclusa la pulizia finale perché qui ciascuno è parte attiva della comunità.




Ogni spazio, anche quello più defilato e nascosto, è stato attrezzato e decorato, reso parte di un unico ambiente a misura di bambino. E, fatto più unico che raro, gli spazi esterni non sono stati né cementati né asfaltati. E' rimasta la  ghiaia. Se ci cammini, d'estate sollevi un po' di polvere, questo è vero, e d'inverno schizzi dell'acqua, ma a ogni passo senti la musica sotto i tuoi piedi. 


Curiosavo tra quegli spazi inconsueti quando mi sono imbattuto in questa targa anzianotta fissata bene in vista in una parete.  Parlava di dono svizzero e di soccorso operaio, sempre svizzero. Che la Svizzera avesse regalato qualcosa alla città di Rimini ci stava. Ma gli operai svizzeri? Diamine, conoscevo diversi sostantivi seguiti dall'aggettivo svizzeri/e: banchieri gioiellieri guardie cioccolate montagne coltelli e formaggi, ma gli operai non erano mai entrati in questa mia lista. E' stato Giovanni, il direttore del Centro, a raccontarmi come si svolsero i fatti.


La storia del C.E.I.S. è, per una volta, è una bella storia. Nel 1946 il Soccorso Operaio Svizzero donò diverse "baracche" di legno alla città di Rimini per accogliere e offrire un futuro ai bambini rimasti orfani di guerra, per dotare, inoltre, la città di una scuola materna da 150 posti  e di un centro sociale.
Il luogo prescelto fu proprio ... l'altra metà... dell'anfiteatro, parzialmente ricoperto con le macerie della Rimini bombardata così da creare un terrapieno su cui costruire il villaggio.
Dalle distruzioni del conflitto mondiale è sorto così il futuro della città.
    

E questa è una di  quelle baracche-aule: è stata recentemente coibentata con i doppi vetri alle finestre e resa più sicura con il rifacimento del tetto ma tutto il resto è così da quel lontano 1946.


Le altre aule in legno sono simili tra loro: tutte con il giardino, la serra e gli attrezzi per la cura degli spazi comuni. Sembrano delle baite di montagna uscite da qualche cartone animato nelle quali non ti stupiresti d'incontrare Heidi o qualche altro personaggio fantastico.


Le richieste d'ingresso sono aumentate così, quest'anno, il CEIS ha inaugurato la nuova sezione della scuola dell'infanzia, la quarta, nell'edificio in muratura, progettato dall'architetto Giancarlo De Carlo, dove anche le pareti interne sono state tirate su, come quelle esterne, con i mattoni a vista.


Sembrano gli stessi mattoni che delimitano  questo piccolo angolo-gioco  contiguo all'anfiteatro romano. L'interno e l'esterno, l'antico e il nuovo tessono un'unico filo ideale che unisce tante generazioni in una storia comune.



Quelle vagonate di speranza inviate dalla Svizzera ti fanno sentire, anche oggi, tutto il sostegno e l'affetto di tante persone decise a regalare una chance a chi aveva perso tutto. Vi garantisco che non sarà facile uscire dal CEIS senza pensare a chi, in altre parti del mondo, ha bisogno di ricevere da noi quella chance,ora.
Link:
Se vuoi conoscere tutto sul C.E.I.S. clicca qui.












                                     







4 commenti:

  1. ma a cercare ancora qualcosa di buono si trova allora in italia :)

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    1. Credo proprio di sì. Dobbiamo essere tanto bravi per dribblare tra il tanto rumore che i media ci propinano ogni giorno e scorgere, magari a fondo campo, le notizie a volte così disarmanti che potrebbero destabilizzare il potere ( leggi Pepe Mujica).

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  2. Come tu lo racconti, sembra un sito molto interessante per i bambini, fai bene di diffonderlo! Come io sono interessata a tutto ciò che ha a che fare con la cultura italiana, benvenuto! E colgo l'occasione per inviarti un caloroso abbraccio.

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